In un contesto produttivo sempre più complesso, la pulizia industriale è un fattore che incide su sicurezza, qualità del prodotto, continuità operativa e reputazione. Per le figure decisionali, investire in formazione significa trasformare procedure di cleaning in processi affidabili, misurabili e sostenibili, riducendo i costi di non qualità e i rischi di fermo impianto. La normativa italiana e gli standard di gestione confermano questa centralità, così come studi che collegano questo know-how a migliori risultati di sicurezza e business.
La formazione in materia di salute e sicurezza è un obbligo di legge (art. 37 del D.Lgs. 81/2008) e deve essere comprensibile, verificata e aggiornata. È un investimento che abilita comportamenti corretti, uso consapevole di prodotti e attrezzature e un approccio preventivo ai rischi.
A livello europeo, l’EU-OSHA evidenzia il “business case” della salute e sicurezza: programmi efficaci riducono infortuni e costi indiretti (assicurativi, medici, assenze, perdita di produttività), con impatti positivi sulla performance complessiva.
Un dato utile per i decisori: le aziende con un sistema di gestione della salute e sicurezza certificato sotto accreditamento registrano mediamente un calo degli infortuni del 22,6% per frequenza e del 29,2% per gravità (fonte: INAIL). La formazione è tra i pilastri che rendono questi sistemi effettivi.
Procedure di cleaning non corrette possono generare contaminazioni, scarti, non conformità a standard di settore e rischi per gli operatori. Per questo, oltre agli obblighi generalisti, gli standard di gestione chiedono evidenze di competenza e aggiornamento continuo del personale (ISO 45001, clausola 7.2).
Nel cleaning si usano spesso miscele chimiche e attrezzature specifiche: le schede di sicurezza (SDS), richieste dalla normativa UE (REACH/CLP), sono fonte primaria per definire contenuti formativi concreti su pericoli, DPI, stoccaggio, compatibilità e risposta all’emergenza.
Per la qualità del servizio, lo standard EN 13549 offre raccomandazioni per sistemi di misurazione della qualità dei servizi di pulizia: allineare la formazione ai requisiti di misurazione aiuta a trasformare i protocolli in indicatori controllabili (audit, check-list, KPI).
Il quadro europeo del settore cleaning sottolinea inoltre il ruolo di percorsi di upskilling e dell’allineamento tra imprese e lavoratori (dialogo sociale EFCI/UNI Europa) per sostenere qualità, professionalità e transizione verde-digitale.
Mappa rischi e attività per linea, area e turno. Identifica gap di competenza e criticità ricorrenti (non conformità, near-miss). Collega la formazione a obiettivi misurabili (es. riduzione tempi di cambio, calo rilavorazioni, meno incidenti).
Non esistono “corsi copia-incolla”: prodotti, superfici, asset e vincoli (HACCP, cleanrooms, ATEX, ecc.) cambiano da sito a sito. Co-progetta moduli per mansione e reparti, integrando policy aziendali e standard di riferimento (ISO 45001 per competenze/documentazione).
Ricorda sempre che non basta aumentare le ore. Evidenze recenti in settori ad alto rischio mostrano che più ore, se mal progettate, non si traducono automaticamente in meno incidenti; serve qualità del processo formativo e trasferimento sul lavoro.
La formazione è efficace se diventa abitudine organizzativa. Nei sistemi certificati, dove competenze e riesami sono strutturati, gli infortuni calano in modo significativo: un segnale che training, procedure e controllo si sostengono a vicenda dentro un SGSL maturo. Per i decisori, questo significa proteggere persone e margini.
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A completamento della fornitura, Geicos offre anche una formazione operativa dedicata al personale aziendale, mirata a garantire un utilizzo corretto e sicuro delle lavapezzi installate, ottimizzando così l’efficienza dei cicli di lavaggio e la manutenzione ordinaria.